Il territorio di Monte Sant'Angelo

Lo studio dell’assetto urbanistico e delle relative costruzioni architettoniche ha interessato in questi ultimi anni direttamente, non solo gli urbanisti e gli architetti, ma, in  modo fondamentale, altri settori di interventi e altre scienze, fra cui l’antropologia, l’etnologia, la sociologia e l’archeologia. Queste scienze stanno portato un valido contributo all’urbanistica e all’architettura, viste non più come entità a se stanti, ma come parti di un tutto, che nel nostro caso verrebbe ad essere il territorio.

Ormai l’attenzione degli studiosi d’arte e di architettura si è rivolta non tanto alla individuazione storico-archeologica delle costruzioni antiche (e moderne), quanto a stabilire i rapporti di interdipendenza fra vita sociale e urbanistica, fra  forma architettonica e cultura del territorio, in un processo di interconnessione fra economia e urbanistica. Ogni funzionalità storico-urbanistica nasce, infatti, da determinate esigenze, che sono il frutto di rapporti economici formatisi in determinate situazioni ambientali. Solo studiando tali esigenze e i sistemi economici di determinate società, è possibile conoscere il processo strutturale delle forme e dei modelli architettonici. A tale scopo ci sembra essenziale l’apporto di antropologi, etnologi, archeologi e sociologi, per una maggiore conoscenza del nostro territorio, che è la sintesi di valori ambientali ed umani.

Punto di partenza per questa ricerca sono le primitive costruzioni del Gargano, le cui tracce sono di giorno in giorni messe in serio pericolo, attraverso un processo di totale distruzione e di degrado ambientale. Di queste costruzioni si cercherà di individuare le origini architettoniche e le condizioni di diffusione socio-economica di esse, quale espressione di una determinata cultura quale è stata ed è la civiltà contadino-rurale del Gargano. Quindi parleremo di quelle forme architettoniche che comunemente vengono dette “minori” o subalterne, in contrapposizione all’architettura maggiore, che è identificabile in quella dei palazzi ad uso civile e monumentale.  Infatti per diversi decenni l’architettura “minore”, popolare-contadina, è stata del tutto trascurata dagli studiosi di arte, senza alcun riferimento su storie o classici d’arte.

Oggi, finalmente, in concomitanza  con le altre scienze, queste costruzioni minori – per es. le case a schiera, le masserie, i centri storici medievali, le case rurali ecc. – espressioni di una determinata civiltà e cultura, vengono studiate e valorizzate secondo la loro giusta dimensione artistica, sociale ed economica. Inoltre ci interessa sottolineare il carattere centrale del ruolo dell’architettura nell’assetto economico, sociale, culturale delle popolazioni cosiddette “primitive”; ruolo che non è stato determinato esclusivamente, come alcuni sostengono, da fattori ambientali, come il clima, le risorse naturali, la disponibilità dei materiali, ma da correnti culturali, da strutture sociali e produttive ben precise e determinanti, da complessi rituali e mitiche che sempre più dimostrano  come l’influenza dell’ambiente sull’architettura sia accettabile più in negativo (impossibilità di impiego di materiale, tipologie ecc.) che in positivo. L’architettura si sviluppa e si differenzia, come strumento di vita sociale, nonostante le limitazioni ambientali e non a causa di esse. Essa deve essere vista come un prodotto storico, espressione di unità culturale in reciproco rapporto.

L’architettura che andremmo a studiare è quella che rappresenta nella sua genuinità l’espressione più vera di un popolo, nella semplicità tipologica e nella sua organica funzionalità residenziale. E’ l’architettura senza architetti o più semplicemente l’architettura spontanea, testimonianza silenziosa di un modo di vivere che affonda le proprie radici nell’esperienza umana e investe perciò un interesse che va oltre quello tecnico ed estetico.

Si cercherà di dimostrare come le relazioni sociali prevalgono sull’ordine geometrico delle costruzioni, sulle modalità costruttive e sul formalismo  architettonico, e come l’architettura derivi soprattutto da fattori socio-culturali. Infatti è proprio l’assenza di una architettura intesa in senso classico e chiusa in determinate regole o modelli spaziali, a creare il fondamento di ogni attività costruttiva con una libertà progettuale del tutto “arbitraria e spontanea”.

L’intervento in campo architettonico sta chiarendo connessioni e successioni storiche, mentre una più ampia apertura verso i problemi economico-sociali e i sistemi politici e di potere permette la verifica e l’ampliamento di nuovi dettagli riguardanti l’organizzazione territoriale, l’architettura dell’insediamento, le tecniche e l’arte di gruppi in precedenza non sufficientemente conosciuti. L’interesse particolare per il nostro tema deriva proprio da questa correlazione fra territorio e struttura socio-politica, per poi determinare la struttura economica ed urbanistica. La valenza architettonica di “primitiva” non ci deve trarre in inganno. Essa sta ad indicare un valore eminentemente strutturale in rapporto a quelle che è la struttura socio-economica della regione, generalmente e diffusamente precapitalistica ed agricolo-rurale.

L’architettura garganica è stata sempre in stretto rapporto con la comunità garganica, con il tipo di produzione che è proprio di una società contadina, con un basso reddito pro capite, e con il tipo di proprietà diffusamente frazionata. Ciò può spiegare la deficienza di popolamento rurale sparso, in quanto, su appezzamenti di esigue estensioni e quindi di reddito limitato, si può erigere tutt’al più un rifugio o una casupola. Quindi non solo la forma e la funzione sono essenziali, ma anche il significato, il ruolo strumentale che un elemento assume come mezzo di esaltazione di una particolare caratteristica della società.

Il linguaggio architettonico presenta due aspetti significativi: il linguaggio spaziale legato alla dimensione territoriale e il linguaggio artistico, che si esprime soprattutto nella decorazione applicata all’architettura. Nell’architettura spontanea ciò che prevale è il linguaggio spaziale, là dove il soggetto è sempre il contesto sociale e poco spazio si lascia alla interpretazione personale “gratuita”, al significato artistico “per se stesso”. Il linguaggio dell’architettura spontanea è essenzialmente collettivo, anche quando viene lasciato spazio alla iniziativa individuale e familiare, esso non ha senso se non è comprensibile da tutti, se, cioè, non è inseribile, anch’esso come strumento, in un campo globale all’interno del quale la cultura si riconosce. Come afferma Rudofsky, nell’architettura spontanea l’uomo è riuscito a sintetizzare fantasia, genialità ed esigenze vitali per raggiungere un felice equilibro con se stesso, la comunità e l’ambiente.

Il primo capitolo intende esaminare le primitive costruzioni a cupola esistenti nel territorio del Gargano e precisamente in esso si analizzano le strutture architettoniche delle capanne in legno e in pietra, queste ultime denominate “li pagghiére”, con riferimento ad altre costruzioni di identica struttura come i dolmen, i menhir, le specchie, i trulli, i nuraghi ecc. Nel secondo capitolo si prendono in esame gli insediamenti rupestri e precisamente i complessi ipogeici paleocristiani, le cripte eremitiche, le “grotte” medievali e moderne e i “sassi” garganici. Si mette in risalto il nesso tra attività architettonica e territorio per una definizione di quella cultura che è chiamata propriamente la civiltà rupestre. Il terzo capitolo esamina la struttura architettonica della casa rurale e precisamente della “masseria” garganica. Oltre alla descrizione tipologica di essa, si è analizzato il rapporto fra agricoltura e casa, fra economia e funzione architettonica. Il quarto capitolo analizza la tipica struttura architettonica della casa contadina garganica e precisamente le case a schiera, esempio genuino di una architettura senza architetti ed espressione di una economia agricolo-rurale. Infine, nell’ultimo capitolo si prendono in esame globalmente i centri storici del Gargano, nella loro dimensione architettonica, urbanistica, sociale, economica e culturale, e nel contrasto sempre emergente fra centro antico e centro urbano.

a cura di Giuseppe Piemontese